Meeting nazionale 2006

24 maggio 2006 – 26 maggio 2006 | Bologna

In Italia, nei prossimi trent’anni, una persona su 3 avrà più di 65 anni, e cresceranno ulteriormente gli ultra ottantenni soli, soprattutto donne. Già oggi gli ultra-65enni sono quasi il 20% della popolazione, un record europeo, e i grandi anziani oltre gli 80 anni sono il 5%.
Se poi si guarda alle realtà locali, vi sono regioni come l’Emilia Romagna, la Liguria e l’Umbria in cui i tassi di invecchiamento porteranno ad avere quasi un anziano ogni 2 abitanti.
Si tratta di uno scenario senza precedenti, le cui conseguenze ricadono sulla concreta sostenibilità non solo del sistema pensionistico, ma anche di quello sociale e sanitario.
Va evitato il rischio di affrontare questa sfida ricercando risposte immediate e settoriali per fare fronte all’emergenza quotidiana, ma senza una visione di insieme.
Vogliamo invece ragionare in modo olistico, inquadrando l’invecchiamento della popolazione come un processo a cui contribuiscono diversi fattori, sociali, sanitari, ambientali, ma anche urbanistici o tecnologici, che combinati tra loro potranno permettere di vivere un destino biologico più completo.
In questo senso il processo di crescita della popolazione anziana può davvero essere visto più come una risorsa da valorizzare in termini sociali, economici e di servizi che come un peso sociale. La sfida per le istituzioni è l’impegno a garantire il più a lungo possibile ai nostri anziani una vita autonoma e attiva per la terza età.
Al di là dell’eliminazione dell’uso improprio delle strutture sanitarie, l’opportunità è quella di sviluppare in positivo una modalità nuova capace di coinvolgere le nostre città, i sistemi di assistenza, le associazioni di volontariato e le stesse reti relazionali parentali ed amicali, in uno schema nuovo di accoglienza capace di sostenere una popolazione con un tasso maggiore di fragilità, età e solitudine.

Le nuove tecnologie rappresentano in questo quadro una grande opportunità, se saremo capaci di guidarne lo sviluppo al fine di sostenere il modello di welfare che vogliamo proporre. Infatti, da un lato occorre evitare un approccio fideistico alla tecnologia, quasi che essa possa essere capace autonomamente di definire un modello sociale e sanitario adeguato al futuro; dall’altro viceversa è sbagliato assumere una condotta diffidente e conservatrice, come se tecnologia fosse sinonimo di complicazioni e quindi fosse meglio rinviarne ogni sperimentazione a tempi futuri.
Quel che serve è una capacità di guida capace di definire il modello di welfare e le linee di intervento su cui la tecnologia è chiamata ad operare. Farlo tenendo conto sia delle potenzialità che dei limiti, promuovendo un utilizzo concreto al servizio della rete di relazioni e di conoscenze finora sviluppate. Facendo diventare parole come tele-informazione, tele-assistenza, telecompagnia, tele-medicina, declinazioni di una cultura di solidarietà e di una capacità di prendersi cur che vadano a migliorare la qualità della vita presente e futura dei nostri cittadini.
Le città possono e devono avere un ruolo guida in questo processo.

Per questo, come associazione di Città Sane e alla luce dei principi guida dell’OMS, abbiamo voluto mettere questo tema al centro della nostra riflessione, nel Meeting 2006.

 

Ultimo aggiornamento

28 Gennaio 2021, 12:24